Il Natale è la celebrazione di una nascita. Non di una nascita qualsiasi ma della venuta sulla terra di una Luce perfetta e pura. Il Natale è una festa che, quindi, permette nuovamente di rinascere. Perfetti e puri. Natale in casa Cupiello racconta questo desiderio impossibile, e quindi straziante, di riscattare un deterioramento ormai inarrestabile e di fare luce sull’oscurità dell’esistenza. Una vera e propria rinascita, perfetta e pura. Tuttavia Eduardo non descrive questa impossibilità struggente - che i conflitti familiari possano redimersi solo attraverso la rievocazione idealizzata del Natale- attraverso la rappresentazione veristica del dato di fatto ma sceglie lo sguardo evasivo, sognante e poetico del protagonista per mettere in scena una commedia dove intenzioni e azioni si confondono. Chi ha ragione? Il padre che antepone la festa al fardello quotidiano o tutti gli altri che si ostinano a trascinare quel peso allontanando il senso liberatorio della festa? La grandezza di Eduardo è sconcertante: lo spettatore, pur provando empatia immediata per il protagonista, comprende meglio le ragioni degli altri. Si immedesima più facilmente nel comportamento della moglie e dei figli: un giorno di festa non può rimuovere il vissuto. È folle solo pensarlo. Eppure arriva un momento in cui avviene la metamorfosi. Il protagonista si ammala al cospetto degli innumerevoli risvolti disgraziati del suo quotidiano. Allora anche gli altri componenti della famiglia sovvertono tutte le loro convinzioni. E’ inaccettabile la sofferenza di quel padre. Non solo perché padre ma perché emblema perseverante della possibilità di rinnovamento all’interno del medesimo nucleo familiare. Il portavoce di quella luce, perfetta e pura, rischia di spegnersi e con lui quella dolce speranza di rinascita. E anche lo spettatore non è più convinto delle sue posizioni. Si commuove e si domanda: qual è la realtà? Quella che viviamo o quella che desideriamo?
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